No, non è la forma interrogativa della prima persona presente di quel simpatico verbo i cui pensieri affollano la mia mente con una frequenza inferiore ai fatidici 7 secondi che vorrebbe la
credenza popolare.
E' più una sintesi della domanda "Perché questo blog?"
Chi mi conosce potrebbe dire: "Ma con il
lavoro che fai hai pure voglia di aprirti un blog e scriverci sopra?"
Sì. Perché c'è una piccola, lieve, sottile differenza. Al lavoro
devo scrivere, qui
posso scrivere. E penso che non ci sia bisogno di spiegare a voialtri che le cose che si
possono fare, si fanno generalmente con più piacere e devozione rispetto alle cose che si
devono fare.
E pensare che al liceo mi veniva la pellagra quando giungeva il giorno del tema. Strana la vita, eh? Oddio, ad onor del vero, forse, le cose sarebbero state un pelino differenti se la di allora "prof di ita" ci avesse proposto qualche traccia più orientata a tirar fuori qualcosa di noi, piuttosto che trasformare il tema in una becera interrogazione scritta sulle aride nozioni del libro di testo. Ma tant'è...e conoscendo il buffo senso dell'umorismo del quale è dotata la vita se le cose allora fossero andate diversamente, probabilmente ora come ora starei a fare un lavoro che non ha nello scrivere la sua componente predominante.
E poi, tornando a noi, questa cosa che si
può fare, la si
può fare a briglia sciolta, senza scadenze, senza dettami, senza, punto.
Mi sto stupendo del fatto che riesca a bloggare con una certa assiduità, ma tre giorni di blog non rappresentano un "campione statistico attendibile". Speriamo solo non sia la sindrome del giochino nuovo, già espressa qualche post precedente.
Va bon, basta così per stasera, non voglio essere logorroico oltre misura (almeno non da subito).
Buon fine settimana a tutti!