martedì, ottobre 09, 2007

Realtà velata

Il prefetto di Treviso, Vittorio Capocelli, ha stabilito la legittimità dell'uso del burqa nei luoghi pubblici per le donne islamiche. Da qui a prendere quanto sentenziato come riferimento nazionale, il passo potrebbe essere piuttosto breve. Il Ministro per la Famiglia, Rosy Bindi, si è già detta favorevole, il resto del parlamento si divide, il Ministro dell'Interno Amato ed il Presidente del Consiglio Prodi sono fermamente contrari.

Non voglio addentrarmi nello spinoso dibattito se ciò sia giusto o meno, ma prendo spunto da quanto accaduto per esprimere una perplessità che maturo da diverso tempo a questa parte.

Ho l'impressione che nel nostro Belpaese si stia diffondendo un concetto distorto della parola "tolleranza" che assume sempre più la forma di "mettiamoci a pigreco mezzi che va bene tutto quel che passa". Ma peggio ancora, ho l'impressione che ultimamente si stia anteponendo ai nostri diritti la tutela dei diritti dei nostri ospiti.

Non ho usato a caso la parola ospiti. L'Italia è casa nostra, chiunque decida di immigrare nel nostro paese, ovviamente in maniera onesta e legale, è un ospite benvenuto. Ma sono comunque dell'avviso che siano gli ospiti a doversi adattare ai dettami del padrone di casa e non viceversa. Soprattutto e a maggior ragione quando, a parti invertite, la parola "tolleranza" assume i tratti di un eufemismo.

Pensate sia razzista? Se cercare di conservare, rispettare e salvaguardare la nostra identità vuol dire essere razzista, allora sì, lo sono. E sono anche dell'idea che il buonismo ostinato e il "politically-correct" a tutti i costi non sia, sulla distanza, un atteggiamento di lungimiranza.

2 commenti:

rebe ha detto...

Sono d'accordissimo. Un conto è l'accettazione e la commistione delle culture, e un conto è rinunciare alla NOSTRA cultura in favore di altre, che non ci appartengono.

Anonimo ha detto...

Non affronto gli aspetti culturali della faccenda (devo anche lavorare... lasciatemi solo dire che l'uso del burqua non è affatto una pratica culturale islamica ma una distorsione dettata da una interpretazione errata del Corano, quindi ancora più assurda ed aberrante) ma solo quelli legislativi: se una persona, in un luogo pubblico, indossa un indumento che copra per intero il suo corpo ed il suo viso, rende di fatto impossibile la propria identificazione. E' come se io andassi in giro con un passamontagna o camminassi tenendo in testa un casco con la visiera oscurata!
Giudicate voi le conseguenze.

Dakkon
(prima o poi mi registro, abbiate pazienza...)